Vigevano - Le scuderie

Vigevano (PV)
27 giu. 2005

Vigevano - Il Maschio
Linea
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La Torre del Bramante

Il sacro fuoco del collezionista spesso si estingue amaramente spento dalle informazioni false e tendenziose fornite dagli enti turistici locali aggravate dall'ingannevole convinzione di avere tutto sotto controllo, proprio perchè informati. In tal modo, una giornata che avrebbe potuto essere piacevole e fonte di arricchimento culturale, riuscì a trasformarsi nella classica giornataccia di Paperino.
Conobbi il castello di Vigevano e la sua importanza artistico strategica partecipando a un seminario organizzato dal Touring Club Italiano finalizzato alla valorizzazione dei castelli. Guardando le splendide immagini proposte durante la presentazione e ripassando i particolari sul materiale informativo ricevuto, preparai la mia gita di una giornata come fosse la ciliegina sulla torta del breve viaggio turistico auto organizzato, quattro giorni in tutto, con meta Milano.
Pertanto, luned́ 27 giugno, di buon ora, munita del solo mezzo di locomozione universalmente riconosciuto, il famoso cavallo di San Francesco, partii con entusiasmo alla volta di Vigevano.

Le Ferrovie sono come le Poste: arrivano dappertutto anche se è necessario individuare la stazione giusta considerando che, in una grande città come Milano, ne esistono diverse. In particolare i treni per Vigevano partono da Porta Genova dove, giunta comodamente con la Linea 2 della metropolitana, cercai invano di dimostrare a me stessa di saper leggere.
Da questa stazione partono solo due linee la prima diretta ad Alessandria, la seconda a Mortara; accanto agli orari c'è inutilmente scritto «ferma in tutte le stazioni» ma, porca miseria, quali sono tutte le stazioni?
Non importa, mi dissi, chiederò l'informazione allo sportello acquistando il biglietto e infatti gentilmente il bigliettaio mi indicò il treno giusto, quello per Mortara, decidendo in maniera autonoma che i terroni devono pagare le informazioni oppure, cosa più probabile, che sporcano i treni e il biglietto deve pertanto essere maggiorato; per farla breve pagai, per l'intero tragitto di andata e ritorno, € 6,80 anziché € 5,20 come scoprii tristemente alla stazione di Vigevano acquistando il biglietto per tornare a Milano.
Per giunta, come in qualsiasi monumento che si rispetti, il lunedì si rivelò giorno di chiusura; così la Torre del Bramante, gli interni del Maschio, i Musei Civici, il Museo della Calzatura e la Pinacoteca risultarono tutti rigorosamente inaccessibili nonostante gli orari di apertura stampati sui pieghevoli dicessero il contrario.
A dispetto delle premesse ampiamente negative, la visita a Vigevano e al suo Castello si rivelò comunque piacevole e interessante a tal punto che il ricordo di quella giornata è parte viva del mio solitario presente.

Scesa dal treno scopro il significato della locuzione città a misura d'uomo; tutto è vicino e talvolta basta un passo in avanti per modificare radicalmente la visuale. Il sole, ancora basso sull'orizzonte, m'impedisce la visione completa della secentesca facciata del Duomo ma la Piazza Ducale, costruita per volere di Ludovico il Moro nel 1492, è il trionfo dell'armonia. Scorgo la Torre del Bramante che, incastonata in un angolo della piazza, svetta con i suoi 60 m di altezza sui tetti ricchi di comignoli invitandomi a salire al castello. Tutto è meraviglia nel cortile deserto; mi scopro piccina e, per quanto giri nella piazza alberata, non riesco a trovare un punto dove si possa avere una visione d'insieme del castello, forse la Torre del Bramante avrebbe aiutato, ma è chiusa anche lei.
Non c'è nessuno e i miei passi risuonano discordi mentre percorro la Strada Coperta fatta realizzare nel 1347 da Luchino Visconti per collegare il Maschio alla Rocca Vecchia. Mi affaccio sul recinto della Rocca dominato dalla Cavallerizza e dall'erba alta dove due giovani si scambiano effusioni incuranti del mio passaggio. Sorrido, sono gli unici a trovare il posto romantico o forse non se ne curano intenti come sono a baciarsi.
Percorro torno, torno il perimetro interno del castello, costeggio il Maschio impreziosito dalle bifore quattrocentesche, spio gli affreschi attraverso un'ampia vetrata, circumnavigo i ponteggi di un palco, passo sotto la Falconeria, iniziata nel 1475 al tempo di Galeazzo Maria Sforza, le cui agili arcate del loggiato proiettano simmetrie di sole sul prato. Attraverso l'ingresso neogotico aperto nell'ottocento, rientro subito rituffandomi nel passato e nella solitudine del luogo che la foschia rende irreale, entro nelle Scuderie respirando l'equilibrio delle proporzioni, perdo la nozione del tempo gustandone la pace in estatica ammirazione.
Mi chiedo se mi sarebbe piaciuto vivere al castello come dama nella corte ducale di Ludovico il Moro. Una suonatrice di liuto intenta a suonare e a comporre rime leziose oppure una dama con l'ermellino che, annoiata dall'illustre amante, accarezza distratta l'animale in grembo o ancora una vecchia gentildonna che ricama. Mi lascio trasportare dalla fantasia... pesa la solitudine ora, l'indipendenza diventa un vincolo.
Fuggo verso Milano: la metropoli nasconde meglio la mia tristezza.

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